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La stramaledetta questione della Burgo

Nell’ultimo Consiglio Comunale dedicato ai problemi della chiusura della Burgo, sono rimasto sorpreso ed amareggiato dalle voci che venivano dal lato dei lavoratori (soprattutto dal ragazzo in foto*) che sostanzialmente accusavano me della chiusura della gloriosa fabbrica della Madonna delle Piane. Poiché ritengo che, subito dopo gli operai e le maestranze teatine della Burgo, io sia stato la prima vittima di questa tragedia sociale, come Sindaco della città, sono intervenuto e mi sembra di aver chiarito ai presenti la mia posizione. A quel punto ho capito che l’accusa era più circostanziata e riguardava la demolizione delle strutture del vecchio sito: ho citato l’appunto di mia mano inserito in un verbale di una riunione nella quale il tecnico referente della Burgo per il progetto IN.TE. chiedeva al Comune di fare in fretta per avere il permesso di demolizione (10 nov. 2009). Come si può vedere io ho scritto: “non è possibile rilasciare permesso di demolizione, senza progetto (e relativo permesso) per la costruzione delle strutture che occuperanno l’area soggetta a demolizione)”. Bene visto che anche nel centro sinistra si è ritenuto questo documento fondamentale per chiarire la mia posizione, l’ho ritrovato ed ora lo pubblico su face book e sul mio sito, sperando che la calunnia, che è uno sport molto utilizzato nella nostra città, si allontani da un fatto  che ha provocato in me una ferita che sanguina ancora.

Voglio far riflettere quanti hanno vissuto gli atti di questo dramma sulla storia recente della chiusura delle più vecchia fabbrica teatina. Fui convocato insieme all’allora Presidente della Provincia Tommaso Coletti, ed al senatore della Repubblica, Giovani Legnini, dall’Ing. Cristiano, direttore aziendale nel 2006, presso la sede della Burgo a Chieti Scalo. Il Direttore ci annunciava che, a causa dell’approssimarsi dell’esaurimento della loro discarica localizzata presso il sito di loro proprietà dove venino smaltiti i fanghi di cartiera, esaurimento previsto da lì a due anni, la fabbrica avrebbe chiuso, diventando il prezzo di smaltimento dei fanghi stessi un peso troppo oneroso per l’azienda. Inoltre il costo dell’energia allo Scalo era troppo elevato, nonostante la Burgo stessa ne producesse autonomamente, con una sottospecie di turbina a gas. Chiedemmo del tempo, ma soprattutto la disponibilità a ripensarci qualora avessimo trovato la soluzione. La risposta fu positiva. Cercammo allora la soluzione e la prima che venne fuori fu quella di “bruciare” i fanghi in un processo di pirolisi, secondo il modello della centrale di Terni: tra l’altro le emissioni dell’eventuale impianto risultavano di gran lunga inferiori a quelle della turbina Burgo ed avevamo trovato il classico “piccione delle due fave”: non occorreva più la discarica perche i fanghi sarebbero stati pirolizzati, e nel contempo l’energia prodotta sarebbe stata utilizzata dall’impianto. Fu iniziato lo studio, mandati i fanghi a Terni, ma l’anno successivo, senza alcun preavviso l’azienda Burgo decise la chiusura del sito di Chieti, e fummo convocati a Roma per il primo confronto sindacale, dove capimmo che anche i sindacati nazionali avevano trovato già un accordo con Burgo per salvare gli stabilimenti di Avezzano e Sora e condannare quello di Chieti. Da allora ci siamo opposti in tutti i modi: abbiamo cercato nel più breve tempo possibile, anche attraverso l’intervento di persone che hanno dato la loro consulenza gratuitamente, di fare una cooperativa di operai, quadri ed ingegneri ex Burgo che producesse carta a Chieti Scalo ed avesse un marketing sempre allo Scalo. La Burgo ha rifiutato questa ed altre soluzioni (outsoursing, riduzione di spese, ecc.) presentando l’Ing. Merlino come il responsabile della soluzione secondo il loro punto di vista (e come previsto dalla legge) e quindi presentando il progetto IN.TE.

Arriviamo quindi permesso di demolizione, di cui abbiamo già detto, ma in questa sede mi sento di pubblicare l’ultima relazione sempre dell’assemblea con i lavoratori tenuta al patto chietino ortonese quando si parlava dell’insediamento Eurospin, dove si vede che la dismissione non è ancora avvenuta (e siamo nel 2010).

Perché questa precisazione anche di date? Perché in questo gioco molto praticato al massacro, dicendo certe verità, “senza voler accusare nessuno”, ma con il solo obiettivo di lanciare il sospetto e screditare qualcuno non nominato, nello stesso consiglio comunale un consigliere di maggioranza ha detto di essere a conoscenza, o per lo meno di sospettare, non si sa quali interessi dietro la crisi Burgo (se sa parli e vada alla Procura delle Repubblica). Personalmente, avendo vissuto di persona tutta la prima parte di questa tragedia, ho visto solo gli interessi di una azienda in crisi di cercare di ottenere il massimo risultato, con il minimo sforzo, facendo pagare il conto ai lavoratori ed ad un’intera città. La legge glielo ha permesso e la buona volontà più spesso enunciata dai vari emissari Burgo a parole si è dimostrata solo una presa per i fondelli. D’altronde ci fossero stati altri interessi oggi non avremmo una triste spianata al posto della gloriosa fabbrica, ma qualche villa megagalattica, o un grande albergo di lusso o un centro commerciale o un casinò o che so io. Inoltre quando il Sindaco Di Primio, sempre nello stesso Consiglio dice che il tempo per ricattare la controparte (intesa come Burgo – progetto IN. TE.) era il periodo della demolizione, sa che tutto quello che si poteva fare in termini ricattatori è stato fatto, nel rispetto delle leggi, che comunque prevedono che l’Ente Comune non si può opporre alla demolizione di strutture inattive in un sito privato.

Bene penso di aver chiarito ancora cose che pensavo fossero strachiare. Mi sento sempre vicino ai lavoratori Burgo e continuo a coltivare la speranza che possano essere ricollocati al più presto nel mono del lavoro e della produzione.